Mostre
e critiche
Sono
stati numerosi gli interventi di critici riguardo all'attività del
Maestro. A questo proposito ho ritenuto opportuno riportare le citazioni
che ho trovato più significative, in modo da completare, per quanto
possibile in modo esauriente, questo breve "viaggio"
attraverso le opere ceramiche di Sassu. «Fra
le cose più belle e significative dell'ottava triennale di Milano, sono
da segnalare, senza alcun dubbio, le ceramiche di Aligi Sassu. «Sassu e
Fontana ebbero come illuminatore Mastro Mazzotti, il famoso vasaio di
Albisola. Vogliamo essere così orgogliosi di scrivere e di dire che,
finalmente, la ceramica italiana ha raggiunto opere di scultura assoluta
e di pittura assoluta per virtù di intelligenti propositi e delle abili
mani dei grandi artisti ritornati alle botteghe artigiane; tra i quali
Aligi Sassu che abitò lungo tempo a bottega per apprendere ed eseguire
personalmente le sue maioliche.» (Tullio D' Albisola, Domenico Rea,
Orio Vergani, Le donne e i cavalli di Aligi Sassu, Galleria de l'Illustrazione Italiana, 29 aprile -16 maggio 1948). «Per
ricavare questi trenta fogli di maiolica che preparazione e quanto
lavoro! Prima delle Maison a gran fuoco ho visto le cartelle di studi: la tempera,
l'olio, le matite, le aniline, tutto era stato «Modellava
e cuoceva, Aligi, nei forni albisolesi.Cercava di trasferire il suo
mondo pittorico nei grossi pani d'argilla. Cavalli, prima di tutto; poi
cavalieri; scene di caffè, mattonelle ispirate alla Maison Tellier
, paesaggi. Il rosso domina. Ma, nonostante le traversie
familiari, che felicità anche negli altri colori! Vengono fuori: piatti
e servizi in maiolica, bassorilievi, smalti a gran fuoco, e una testa di
ciclista, in maiolica monotipo, a riflessi in oro, che finirà al
Metropolitan Museum di NewYork.Passano gli anni, Sassu non perde il suo interesse per la ceramica.
[…]». (Riccardo Barletta, Il rosso è il suo barocco, Milano,
'1983 ). «Sono
convinto che se Aligi Sassu
avesse iniziato la
sua storia ad Albisola, nel luogo e nel momento in cui scoprì la sua vocazione al far plastico,
dovremmo prendere atto del fatto che egli
è stato uno dei rarissimi
innovatori non tanto e non solo della ceramica, ma della scultura
italiana. Nella ceramica, probabilmente, Sassu si
sentì più congenere
di Fontana, al punto che certe sue soluzioni
plastiche sono decisamente improntate ad un clima che insieme
avevano creato e che si
può definire "liberatorio", se non proprio
informale, comunque rispondente ai canoni di espressionismo immaginifico
che la cultura europea, con una impennata nazionalistica e
antipicassiana, stava elaborando in
quei primi anni del dopoguerra». (Francesco Solmi,
Scultura fiammeggiante, catalogo della mostra antologica al
Palazzo Reale di Milano 1984). […] «Appropriandosi
d'ogni procedimento fu così possibile di liberare nell'opera ogni
impulso dell'immaginazione sia nella forma che nelle accensioni
cromatiche. Da questo punto di vista c'è più di una analogia fra le
ceramiche di Fontana e quelle di Sassu nei primi tempi della loro
esperienza albisolese. Si capisce benissimo cioè che non è diversa
l'origine delle loro conoscenze tecniche. Solo nel rapido proseguire
degli anni il loro diverso carattere si manifesta compiutamente diverso
sotto ogni aspetto. La reciproca simpatia che corre tra i due artisti,
spingerà addirittura Sassu a dare la sua collaborazione nella stesura
del manifesto spazialista; si tratta tuttavia soltanto di una fuggevole
euforia intellettuale. Come nella pittura, infatti, la personalità di
Sassu, è nella ceramica, di grande spicco e autonomia: una personalità
creativa tra le più sicure ed eminenti». {Mario De Micheli, Aligi
Sassu. Ceramiche, Firenze, 1988). |
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