Aligi Sassu
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Aligi Sassu

 

 

Aligi Sassu

Omaggio a Aligi Sassu
Karl Lubomirsky

Se pretendiamo di conoscere l'artista Aligi Sassu, dobbiamo confrontarci anche con la sua poesia.

Chi ama la pittura di questo artista, ama necessariamente il connubio tra il rosso e i cavalli, tra l'oceano e i miti, tra il sogno e l'infinito. Aligi Sassu

Spunta la domanda insolita: quanto rosso c'è nella poesia di Sassu e che cos'è il rosso su cui tutti credono di sapere tutto? È il rosso ciò che non si può esprimere diversamente? Un messaggio arcano? La vita stessa? Come i cavalli che sono in movimento, che si fa ribelle e che nessuna parola può cogliere?

Un pittore che, dopo tante ricerche e i trionfi che l'Europa gli ha riservato, approda alla parola o addirittura al verso, dimostra di dover dare oltre e di aver capito che neppure la sua arte riesce a superare i limiti riservati al proprio vastissimo regno.

Poesia è ciò che nessun altro mezzo può esprimere. I tramonti cantati dagli adolescenti possono contenere la liricità del caso, ma non sono lirica. li verso di Platone "La luce è l'ombra di Dio", invece, è lirica. Con parole semplici viene espressa una proiezione che non si può ne dipingere, ne scolpire, ne mettere in musica o in prosa li verso del filosofo greco occupa una categoria a se stante e traccia il confine tra una disciplina artistica e tutte le altre.

Se esaminiamo le poesie di Sassu con i criteri sopraccitati, troviamo versi come questi:  "Un mantello di fuoco copre ti mio cuore"; "Occhi di cielo, muro al male"; "L'atroce soavità dell'inferno", o ancora "il sapore delle tue lacrime rugiada di cielo". Un verso che si stacca per la sua lucida impietosità, che ricorda addirittura Nietzsche, è quello in cui Sassu, riassumendo la vita creduta felice, ma forse più traumatica di altre (che cos'è questo continuo ritorno al rosso, se non un profondissimo, inappagato desiderio di essere amato, là dove la fama non giunge, là dove ci amano i bambini) scrive: "piramidi di storia galleggiano sul nostro corpo" o "il cielo è un abisso di memorie". La storia qui sopra non è certamente soltanto il campo di concentramento, retto da Clio, ma anche la propria.

Dove il disegno non giunge, dove i colori devono tacere, dove perfino la pietà con la quale il grande artista trasforma la propria sofferenza in arte, là troviamo quelle rive e quei confini che sono molto più che spiagge. E come i cavalli dell'artista sono sempre liberi, liberi perfino dei colori abituali, così egli libera l'oceano e perfino il disegno, trasformando il colore stesso in disegno.

Libertà cercata attraverso una liberazione che dura da una vita e cercata con tutti i mezzi che determinano l'iter artistico di Aligi Sassu, il quale non rimane leggibile fuori da questo desiderio oceanico e antico come l'uomo stesso, che lo inghiottirà come ha inghiottito tutti quelli come lui, anche se ora cerca di fuggire sulla barca di Plinio, la poesia. Aligi Sassu

Aligi Sassu Antologica 1927-1999, a cura di  Marina Pizziolo con la collaborazione di Carlos Julio Sassu Suarez- Archivio Aligi Sassu, Skira, Milano,1999.   


Walter Pedullà 

Aligi Sassu come poeta vede nero. In pittura lo sanno tutti invece che vede rosso. Che abbia occhio non c'è nemmeno bisogno di dirlo. Però lo ricorda anche con le parole che lui il mondo lo sente innanzitutto perché lo vede. Si vede anche da queste poesie. Sono piene di immagini. Cose viste c'e ne sono sempre parecchie in un artista per il quale la realtà, gli oggetti, la società, la storia, la politica ecc. esiste. Più numerose però sono le visioni. Le visioni di un espressionista, cioè di uno che sogna o che vede con la fantasia più aerea. Da tale altezza il mondo è nero. Anche dove c' è il rosso. È sangue. Il rosso dei neri, la violenza dei fascisti, europei, nordamericani, sudamericani. Pinochet, il nero che insanguina il Cile, perché è rosso, (il rosso di Allende) e anche bianco (il bianco di Frei). Sassu è cristiano ma non vede bianco. Come poeta mette nero su bianco per esprimere la sua passione per il rosso e il terrore degli uomini di ogni colore per il nero dei fascismi. Non sono solo neri, non c'è solo il nero del fascismo, c'è quello della morte, c' è il verde, il viola e il grigio, nonché altri colori scuri. Su questi versi fa spesso buio. E dal buio esplodono e balenano corrusche scene d' apocalisse e altri simboli e simbolismi, ed ermetismi, magari d' epoca, d' altro tempo, fuori tempo ma nel rispetto delle date fuori del tempo quanto la Chimera. "La notte/ non vuole la luce". Camillo Torres sì.
Anche Sassu, poeta e pittore che stravede per i martiri del socialismo e del cristianesimo, donatori di sangue, rosso che si accende alla luce di chi ha passione e ragione. La ragione, le ragioni, che un pittore abituato alle immagini e ai colori vuole dire o suggerire con le parole. Parole che Sassu sa dire non con "la lingua penzoloni " di un suo personaggio bensì con lingua duttile e pronuncia netta. Il poeta oltre alI'occhio ha orecchio. Arrivano suoni che hanno il ritmo del sangue, un battito forte come strumento per musica a percussione. Se la sistole e la diastole non tambureggiano sempre secondo perfetto spartito naturale, meglio l' aritmia che non la tachicardia, che alza la pressione e fa eloquenza. Se si strozza la eloquenza la lingua non va penzoloni ma funziona come si deve. Come vede ogni lettore di queste poesie, l' orecchio di Sassu sente bene il rosso e il nero, colori di sentimenti radicali e opposti. Non tacevano certo in pittura ma qui hanno pure la parola.
Aligi Sassu
Aligi Sassu Manuscriptum, testi di: Giacinto Spagnoletti, Walter Pedullà e Aligi Sassu, Edizione della Bezuga, Firenze, 1992


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Ultimo aggiornamento lunedì 02 novembre 2015 , ora 13.33