Rivisitazioni Dopo
aver ripercorso la partitura di questa lunga sinfonia visiva che è
l'opera di Sassu, quella che emerge è l'immagine di un artista che ha
saputo mantenere uno stretto contatto con il tempo che gli è toccato di
vivere e che ha saputo trovare di volta in volta le parole per parlare ed
essere inteso. Il filo conduttore di questa tesa visionarietà del reale,
quello che impedisce a questa complessa partitura di disgregarsi in un
mosaico incoerente di immagini, non è solo l'intenzionalità estetica che
presiede al segno, ma anche il tono del discorso pittorico: il colore.
[…] Sassu
non ha mai considerato i vari cicli della sua produzione dei cicli chiusi,
circoscritti a una ben determinata datazione. E questo perché
l'invenzione poetica da cui scaturivano ha sempre ubbidito non
all'astratta esigenza di un rinnovamento del codice linguistico, ma
all'urgenza di esprimere una determinata mozione ideale. È questo il
motivo dei ritorni di Sassu, delle sue continue riprese di moduli
espressivi o di contesti narrativi in anni lontani dalla loro prima
elaborazione. Le opere che nascono da queste rivisitazioni, al di là
della loro qualità estetica, rivestono un particolare interesse critico,
in quanto rappresentano spesso l'esito di inevitabili contaminazioni
stilistiche. La
terre est bleu comme une orange con il concitato dinamismo del suo disegno
curvilineo affonda, ad esempio, le sue radici nella stagione futurista,
rivisitata alla luce di modi cubisteggianti. Il verso di Eluard scelto per
il titolo guida all'interpretazione di questa provocazione poetica.
"Non mi interessa la rappresentazione dinamica, quanto la persistenza
di certe strutture che son tutte interiori, fatte dal colore", spiega
Sassu. "Insomma inventare la pittura, come Eluard ha dato un
significato a un contenuto, a un'immagine contraddittoria, evocativa di un
altro mondo, un mondo non contestabile, quello della poesia". Blu
come un'arancia. Altre
opere, da La strada gialla a Il caffè rosa, dichiarano invece il
perdurare dell'interesse di Sassu per quella sorta di palcoscenico
esistenziale che i luoghi pubblici hanno sempre rappresentato nel suo
immaginario. […] |
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