Primitivismo […]
Nonostante gli indubbi agganci alle compatte solidità plastiche e alle
fisse campiture futuriste, che tuttavia Sassu fa deragliare verso
significazioni "candide", il primitivismo cui autonomamente
l'artista approda nel 1929 con un'opera già di grande impegno e di tutto
rispetto quale i Ciclisti si qualifica come una scelta di campo retta da
motivazioni non primariamente stilistiche, ma soprattutto esistenziali ed
etiche. "Certi temi apparentemente neutri", ribadirà Sassu,
"per me avevano un significato morale. I Ciclisti, per esempio: sono
la metafora di uno sforzo ascetico, di un impegno che ha come fine la
vittoria dell'atleta non sugli altri, ma su se stesso". È l'anima
"realista" di Sassu, che appunto vuole aderire "alla vita
d'ogni giorno", affrontando temi popolari, di immediatezza quotidiana
con un fare "spontaneo", quasi, ma solo apparentemente,
"naif". Che riesce a realizzare, con maggiore, intenzionale
corsività, in quel medesimo anno, in una serie di vedute cittadine d'una
poeticità come istintiva, libera dai diaframmi di un vedere
convenzionale, "saputo", e invece carica di stupori e curiosità
fiabesche. Lo si può constatare in mostra in alcune immagini suggestive
dipinte sempre nel 1929, da Viale Montenero a La freccia, o tra quell'anno
e il seguente, come La strada e la ciminiera e Studio per paesaggio urbano
con taxi, visioni di una Milano che cresce lungo direttrici di sviluppo
urbanistico nuovo, che Sassu registra con un'adesione umile, da semplice
cittadino che tra quelle strade, entro quelle case vive e lavora,
circondato da uno scenario dinamico, percorso dalle rotaie dei tram, dai
segni di un traffico che va facendosi intenso, ed anche con le impalcature
di una "città che sale". Non tuttavia vissuta boccionianamente,
con una partecipata tensione all'incipiente industrialismo che accentuava
-potenziandolo energeticamente, con una proiezione profetica verso il
futuro, di cui Fuori,
quindi, di una successione di fasi nettamente differenziate, che
riconferma il peculiare coesistere in Sassu di propensione per l'aderenza
al vissuto e di desiderio di forme archetipali, che colloca le sue opere
in un'area estranea al novecentismo come ad un realismo mimetico o a un
espressionismo solo soggettivo, e dà ragione della bivalenza, in termini
linguistici diversi, degli stessi Ciclisti del 1929, da non limitare nella
loro componente primitivista, anche là congiunta con idealità
primordialeggianti. Del resto, sappiamo, il nodo
primitivismo-primordialismo è assai stretto, come si può constatare,
sempre nel Sassu tra 1929 e 1930, in una serie di disegni con teste
maschili di cui si danno in questa occasione per la prima volta alcuni
saggi significativi. Piuttosto elaborati, ad inchiostro blu o rosso su
carta o cartoncino, essi vedono infatti affrontarsi due diverse tipologie
fisionomiche e tematiche, scalate parallelamente a cavallo dei due anni.
Un primo gruppo offre volti dai tratti più stereotipati, dall'espressione
chiusa e dura, di intonazione classicheggiante, riflessa talora nei titoli
autografi: Alessandro Magno, Condottiero, Imperatore. Un secondo, invece
-cui fa da cerniera una Testa di atleta dai muscoli possenti modellati con
rigore ancora classicheggiante, ma con labbra, naso, zigomi, più marcati,
realistici, che in altri fogli raggiungono effetti di maggiore
espressività -ha accenti più popolareschi e diretti, aperti alla
manifestazione degli stati d'animo. […] Il
primitivismo di Sassu non è circoscritto all'interesse per un' umanità
umile, dai sentimenti e dalle aspirazioni più elementari. Si rivolge
anche a soggetti religiosi con una spiritualità calata nella
quotidianità e pervasa da una partecipazione emotiva immediata, di
intonazione, ancora, popolare, fuori di concettualismi dogmatici o di
preoccupazioni didattiche. Ne discendono dipinti di tema sacro carichi di
sapore, che quasi celano le "fonti" colte (s'è sopra ricordata
la predilezione di Sassu per l'Angelico e Masolino) e riescono ad
incarnare le due anime della poetica e della pittura dell'artista in
figurazioni dense di idealità e insieme, senza però svilirne il
contenuto spirituale, di "spontanea " umanità. È qui che
interviene lo stimolo, anzi, meglio, l'influenza, del pensiero di Persico,
profondamente religioso, di una religiosità vissuta con passione, però
interrogativa, e quindi non appagata, di cui il critico si faceva apostolo
tra gli artisti. Quelli, ovviamente, che, come Sassu, per natura e cultura
potevano essere predisposti all' accoglimento di un siffatto messaggio. È
il caso, con Sassu, di Manzù, di Grosso, di Birolli, di Tomea, nei primi
anni trenta, all'interno di un'analoga predisposizione al primitivismo che
lega le diverse personalità.
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