Futurismo
Enrico Crispolti

[…] Brevissima dunque l'esperienza futurista di Sassu, tuttavia giovanilmente intensa, e che offre comunque una sufficientemente esplicita sua interna dinamica evolutiva. Disperso finora La madre, esposto dunque nella mostra alla Galleria Pesaro nell'autunno 1927, del primissimo lavoro futurista di Sassu - che corre appunto lungo tale anno - rimangono diversi piccoli studi, che bene indicano il primissimo orientamento immaginativo e linguistico dell'artista ancora in realtà quindicenne. Sono quelli pubblicati in buona parte nel volumetto che Luciano De Maria ha dedicato una ventina d'anni fa alla breve ma acuta esperienza futurista di Sassu. Studi di animali (Unicorno, Leonessa, Leone, Cavallino rampante eccetera) o di figurine umane (La cinese , L'angelo, L'anfora, Istitutrice inglese, L'orientale, Il discobolo, Il palanchino, Mario Bosisio eccetera, fino all'Uomo meccanico, e Uomo che cammina, che sembrano suggerire -particolarmente il secondo -costumi scenici), firmati con l'accento (indicato come un piccolo cuneo), chine e matite colorate su foglietti di piccolissime dimensioni. La stilizzazione a squadratura meccanica dei quali, assai robotica e ammiccante nel suo disteso sintetismo plastico, se in senso lato rimanda a modelli marionettistici "meccanici" deperiani, di rarefazione plastico-spaziale alquanto "metafisica", da presso invece richiama i modi del lavoro che il di poco più giovane (ma a quell'età cinque anni contano molto) Munari andava sviluppando fra stilizzazioni grafiche e stilizzazioni formali oggettuali (di costruzione tubica) in rapporto alla progettazione e realizzazione di ceramiche, tipicamente di un particolare favolismo macchinistico, venato di provocante ironia, quasi un' autoironia favolistica frutto di una visione "meccanica" della natura.

Si tratta di figurine isolate su un fondo compatto, squadrate nei profili, e d'un altrettanto squadrato spessore. Come appunto nel caso dei bozzetti per ceramiche di Munari, segnano l'innesto di umori assai rastrematamente narrativi in un impianto di robotizzazione meccanica che si inserisce pienamente nella mentalità della poetica di un'"arte meccanica" allora ancora dominante nell'immaginario futurista. Corrispondente dunque a una geometrizzazione delle forme, dei loro profili e del loro spessore, e a una distensione del colore in piane zonature uniformi. Come evidentissimo in particolare nella pittoricamente più elaborata tempera Testa d'uomo.

Altri piccoli studi, sempre del 1927, propongono invece situazioni compositive più articolate, d'impianto fortemente dinamico: ancora da singole figure, come Motociclista, a dispiegamenti dinamici scenici, come nel caso di Dinamismo di un robot, e di Gli sciatori. Fino alla configurazione di situazioni scenico-ambientali articolate, di impianto sempre "meccanico", ove agiscono figurine robotiche e si presentano macchine protagoniste; come in Treno, Fonderia, Aeroplano + sole, Auto in corsa, Altiforni, Minatori eccetera. Ma ove anche l'organizzazione compositiva confida non soltanto sulla qualità formale delle presenze macchinistiche, coinvolte nel dinamismo di una loro attività in corso, quanto anche sull'intensità del risalto cromatico, che pur fondamentalmente piano s'arricchisce d'articolazioni proprio attraverso la complessità meccanico-dinamica della scena. Evidentemente sono progetti di dipinti, il cui previsto acceso cromatismo v'è suggerito da un impiego più compatto dei pastelli. Ed è proprio sul passo d'una tale complessità scenica dinamica "meccanica" che si registra la continuità del lavoro futurista di Sassu fra 1927 e inizio del 1928.

I temi richiamano il macchinismo praticato dall'immaginazione di Fillia, con un accento sull'esaltazione del lavoro industriale e proletario, che declina in modo particolare venatamente classista la celebrazione della "macchina".[…]

AI di là del livello di studi e bozzetti il traguardo più rappresentativo di questa ricerca sembra essere l'olio su cartone L'uomo che si abbevera alla sorgente, del 1927, che Sassu espone l'anno seguente nella Biennale veneziana, assieme a Nudo plastico, d'una consistenza volumetrica già alquanto diversa. La figura, ancora assai robotica nel suo stesso anonimato personale si distende come una grande, complessa, struttura formale, definita non più piattamente ma attraverso un rialzo chiaroscurale (ma tutto cromatico), che altrettanto si registra nelle indicazioni sceniche ambientali che suI profilo della figura protagonista premono nella loro squadrata strutturalità. […]

Tuttavia un piccolo olio superstite del 1927, ma presumibilmente successivo, quale Porta Venezia -comprovato del resto dal disegno preparatorio, e da altri affini, come Il porto -indicano (qualora la datazione ne sia comprovata) che appunto in Sassu stava intanto maturando, nella traduzione pittorica, anche l'esigenza d'una maggiore complessità d'elaborazione dello spessore cromatico. […]

L' altro dipinto proposto da Sassu nella Biennale veneziana del 1928, Nudo plastico, data già a tale anno, ma sembra più consecutivo a un approfondimento dell'intenzionalità d'accenno volumetrico presente in L'uomo che si abbevera alla sorgente, che non inserito in quello svolgimento d'arricchimento del tessuto della stesura cromatica che si registra nella traiettoria ipotizzabile fra i dipinti innanzi considerati. Nudo plastico risale a studi del 1927 d'impianto ancora molto squadrato, meccanico-robotico, ma che nella traduzione pittorica -che pure complessivamente risulta di impianto chiaramente rispondente a prospettive d'"arte meccanica"- s'arricchisce d'una modulazione cromatica d'intenzione d'accenno volumetrico indubbiamente nuova. […]

Un gruppo di disegni del 1928 e del 1929 costituiscono studi di corpi impegnati in azioni dinamiche, di lavoro o di lotta (Miniera, Minatore, Fabbro, Fabbro al lavoro, La rissa, Uomini che lottano), ove si manifesta anche una filtrante fascillazione boccioniana, e certamente ricorre la questione del "dinamismo e riforma muscolare". Vi s'avverte in particolare la preoccupazione di una plasticità (chiaroscurata) che sembra volersi staccare da definizioni formali piane e da un cromatismo piatto. […] D'altra parte fra 1928 e 1929 corre anche l'impegno di Sassu per illustrare il testo marinettiano Mafarka il Futurista. E in quel lotto d'una ventina di disegni, monocromi, a pastello verde o viola, il dinamismo si fa piuttosto visionario, nel movimento dei corpi affollati e delle fluide masse dinamiche, sul presupposto d'una riconquistata flessibilità plastica volumetrica. Vi appare qui evidente un richiamo ideale al dinamismo volumetrico filamentoso di Previati (che del resto Boccioni stesso aveva, com'è noto, particolarmente apprezzato).

Il 1929 è un anno non soltanto di evoluzione linguistica, nella ricerca di Sassu, ma anche di maturazione di prospettive che lo portano a prendere le distanze dal Futurismo. […]

La partecipazione alla mostra alla Galleria Milano nell'aprile 1930, dopo l' assenza dunque motivata nella mostra futurista alla Galleria Pesaro nell'ottobre dell'anno prima, segna il distacco di Sassu dall'esperienza futurista. Nella quale ha dunque speso, non improficuamente, poco più d'un paio d'anni di ricerca. Altre infatti le sue prospettive come chiaramente maturate in sviluppo evolutivo fra 1930 e 1931, fra dipinti quali I bevitori, del 1930, d'una massività plastica attenta a Carrà e persino al Picasso figurativo che allora interessava anche Guttuso, e i più sciolti e corsivi I calciatori e Argonauti, o alcuni paesaggi urbani, del 1930 stesso, e poi i già del tutto tipici Uomini rossi, Giocatori di dadi, e un altro I ciclisti, del 1931. Il dialogo allora è con altri giovani, con Birolli, in particolare, e la personalità pittorica di Sassu va definendosi così più compiutamente nei termini della sua rilevante presenza nel dibattito milanese negli anni trenta. Altre ormai d' altra parte le vicende del gruppo futurista milanese, guidati sempre da Munari. […]

Sassu futurista 1927 -1929, a cura di E. Crispolti, A. Giglio, con la collaborazione di C. J. Sassu Suarez, Skira, 1999, Milano.